Fernando Izzi - The iron

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ViteNegate
 

Monumento "Vite negate"


"Vite Negate", questo è il titolo della mia ultima opera: essa rappresenta le dodici persone che in quel lontano 6 dicembre 1907 rimasero sepolte nelle viscere delle miniere di Monongah.

In quel giorno oltre mille fiammelle non videro più la luce. Molti di loro erano appena adolescenti ed altri avevano meno di 14 anni.

La vita per loro era stata segnata, il sacrificio della sopravvivenza fu scritto sul libro del dolore.

Ragazzi strappati all'amore materno, diventati troppo presto adulti ed espatriati in terre lontane, ridotti a scavare gallerie molto ristrette, costretti a respirare polvere di carbone nelle viscere delle miniere.

Condannati, se sopravvissuti, a vivere da storpi; passare più di dodici ore al giorno stando piegati in un cunicolo di appena cinquanta centimetri plasmava e piegava le ossa fino alla storpiatura.

Ho visto il reportage dei sopravvissuti ed ho scorto il cimitero di Monongah: le pietre marmoree che si estendono dalla pendice fino al culmine della collina formano un immensa necropoli e vi assicuro che è una visione terrificante perché sembra che quelle lapidi marmoree ancora oggi stiano chiedendo giustizia in religioso silenzio.

Vorrei tanto che tutti, passando per questo luogo divenuto sacro, guardando l'opera ricordassero quel lontano 6 dicembre 1907 e dedicassero una preghiera a chi per tentare una fortuna in una terra senza ritorno non ha mai più visto la propria patria.

Il monumento è costituito da una base rappresentata dal nero carbone fonte di ricchezza e dolore.

Da questa base nera resa ancor più nera a lutto dei tanti scomparsi si levano verso il cielo dodici colonne, a simboleggiare le anime degli sventurati che con le braccia erte verso Dio chiedono giustizia.

Le dodici colonne concave, posizionate a semicerchio, nei giorni in cui il vento del nord diventa più impetuoso e con forza entra nelle cavità provoca delle vibrazioni che si trasformano in un suono lamentoso.

Un lamento che non è mai cessato come a dire: NOI SIAMO ANCORA QUI.

Di sera l'opera è illuminata con dei fasci di luce che rappresentano il vessillo di noi italiani e con questo concludo, augurando a tutti voi una buona giornata.


 


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