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L’arte del ferro battuto ha origini assai remote nel tempo. I primi strumenti risalgono all’anno 3000 a.C.. Gli Ittiti dell’Asia minore combattevano contro gli Egiziani con armi in ferro forgiato. Ma la vera età del ferro risale all’incirca al 1000 a.C.. I Greci e i Romani chiamarono l’artigiano del ferro HOMO FABER, dando a questi termini una significazione di tipo magico ed alchemico. Il Faber, con la sua capacità di assoggettare e plasmare la materia bruta e renderla pura e bella, era considerato essere superiore, posto sotto la diretta protezione degli dei. Efesto e Vulcano, dei del fuoco sotterraneo, erano considerati suoi padri putativi.
Egli è dunque un privilegiato e questa credenza si protrarrà fino al tardo medioevo. In epoca romana il lavoro del ferro subisce una radicale trasformazione. I Romani crearono una vera e propria industria di fabbricazione di armi nelle varie provincie dell’impero, mentre a Roma si producevano griglie, cardini, serrature ed oggetti vari. Plinio il vecchio (23/79 d.C.) ci informa che il ferro forgiato costava più dell’argento. L’artigiano del ferro era “l’uomo forte” e pertanto poteva concedersi lussi e trasgressioni non consentiti ad altre categorie di artigiani. Poteva, ad esempio, lasciarsi andare all’ebbrezza del vino. Numerosi vasi di epoca greca recano infatti l’immagine del “Faber” ebbro di vino, ma sorretto da Efesto, suo inseparabile dio protettore. Con le invasioni barbariche vennero alla ribalta popoli di civiltà assai arretrata: non conoscevano né l’architettura, né la legge, ma erano abilissimi nell’arte del ferro: si pensi alle spade forgiate e fregiate d’argento dei Longobardi.
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Il medioevo segnerà il trionfo dell’arte del ferro: intorno all’anno 1000 la lavorazione segue criteri non solo utilitaristici, ma estetici; il ferro diventa elemento di decorazione per chiese, conventi, abitazioni, e il suo uso si allarga e si diffonde. Uno fra gli esempi più arcaici e più significativi è il portale di sant’Anna, nella chiesa di Nôtre-
In quell’epoca furono proprio i religiosi ad installare nei maggiori conventi fucine ben fornite, affinché l’arte del ferro fosse sottratta alla leggenda che faceva del fabbro un artigiano circondato da un’aura diabolica, protetto e forse incoraggiato dal demonio stesso.
Saranno quelle stesse fucine, successivamente, a produrre gli orribili e complicatissimi strumenti di tortura della Santa Inquisizione.
Alla fine del 1200 caddero in disuso i forni a basso fuoco (su letti di terra refrattaria si poggiavano minerali di ferro e carboni finemente macinati). In Germania vennero sperimentati con grande successo i forni verticali chiamati STUCKOFEN; tali forni erano a forma di tini, funzionavano ad energia idraulica ai mantici, e permettevano la produzione di grandi quantità di ferro. In tal modo l’uso del ferro nell’architettura e nella decorazione si diffuse rapidissimamente.
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In quegli anni la professione del fabbro si specializza in due settori: il FABER FERRARIUS si occupava di strutture architettoniche, il MAGISTER CLAVARIUS si occupava di chiavi, serrature, opere di decorazione, inferriate e cancelli. In Italia, primi esempi artigianali degni di nota sono il Comunichino di Santa Chiara ad Assisi (sec. XIII), e i ferri delle tombe scaligere a Verona (sec. XIV).
Il secolo XIV con lo sviluppo del gotico segnò l’esaltazione dell’arte del ferro; il prevalere della dimensione verticale, l’arco a sesto acuto, l’abbondanza della decorazione scultorea trovano nell’arte del ferro un naturale complemento.
Ogni artigiano concorre, nella cattedrale, alla realizzazione dell’opera, e attraverso il suo lavoro percorre il cammino spirituale che eleva l’uomo al di sopra delle miserie terrestri: ciascuno troverà il suo posto, nella moltitudine scolpita dei sontuosi portali. In questi anni le lastre ottenute a martello divennero decorazioni: esse venivano traforate, sbalzate ed incise con punzoni. Viti e chiodi ribattuti lasciarono spazio a semplici incastri maschio-
Lorenzo il Magnifico scelse il Caparra come suo fabbro di fiducia, ma altri non furono da meno: si pensi alle meravigliose cancellate della Cattedrale di Orvieto, e a quelle dell’Oratorio del Lorentino a San Miniato, opere del senese Jacopo di Lello Orlandi; le cancellate della cappella del palazzo pubblico a Siena di Giacomo di Giovanni di Vico.
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Con l’avvento del barocco l’architettura volge verso una ricercata e complessa teatralità e le capitali europee subiscono delle vere e proprie trasformazioni: i centri storici vengono integralmente sventrati per far posto a scorci di tipo scenografico. In questo contesto ancora una volta il ferro forgiato si adatta alle esigenze della nuova architettura: le linee si fanno più contorte e cariche di ornamenti; il fogliame si fa abbondante, la forma sempre più ricercata e virtuosa. Le grilles d’honneur, cioè le cancellate delle regge e dei palazzi nobiliari, sono dei veri e propri ricercatissimi sipari pronti ad aprirsi su complessi architettonici, quali la reggia di Versailles, il castello del Belvedere a Vienna, la palazzina di caccia di Stupinigi alle porte di Torino e tanti altri. Nel 1700 cancelli ed inferriate vengono ulteriormente arricchiti. I fogliami diventano rami fioriti e miniature di alberi. La foglia, prima ricavata dal ferro battuto, ora viene tagliata nella lamiera. Ma più spesso, dipinta, soffoca la forma e la purezza degli oggetti, privandoli di espressività. In epoca neoclassica, tutto quello che il rinascimento aveva concepito per dare massima espressione al ferro battuto viene in parte trascurato. Al fab-
Nel 1800 convergono e si sommano tutti i modi di espressione artistica e tutte le esperienze del passato, ma ormai prevalgono le fusioni in ghisa: questa tecnica riempie le balconate e le inferriate di Parigi e delle altre capitali europee. Ma la maggior parte dei fabbri si esprime ancora copiando le opere del passato, in prevalenza quelle rinascimentali tanto amate ed apprezzate.
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Alla fine del secolo, e poi all’inizio del ‘900, abbandonate le ispirazioni romantiche che suggeriscono al fabbro la rievocazione di motivi romanici e gotici, lo stile Modernista ripristina il gusto per il ferro battuto: ha inizio il cosiddetto “Liberty”, che riprende lo studio delle ricche decorazioni, dei fregi e dei motivi curvilinei, aggiungendo di suo anche sinuosità tratte dall’età barocca. Da noi, massima espressione dello stile Liberty sono le opere di Alessandro Mazzucotelli (1865 -
Più tardi, meritano ammirazione gli splendidi cancelli-
All’inizio del terzo millennio, la tecnologia si mostra assai promettente perché sono stati fatti passi da gigante: si è creata una nuova situazione che dovrebbe essere assai favorevole alla categoria. Certo, sarà difficile creare opere paragonabili, anche da lontano, a quelle dei magnifici Maestri del Rinascimento. E’ probabile che, se gli sforzi degli artisti saranno orientati verso uno stile semplice, adottando tecniche di ribattitura e semplici incastri maschio-
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Quando si ammira un oggetto in ferro, quando si intende la sua bellezza ... bisogna riflettere sullo sforzo creativo fatto dai nostri antichi maestri. non fu certo facile portare il duro ferro alla plasmabilità, piegarlo alle esigenze dell'espressione. Noi non dobbiamo vanificare queste illustre eredità. A questi lontani maestri va tutta la nostra riconoscenza: da loro la materia è stata letteralmente trasformata, ha subito docile una metamorfosi che l'ha resa degna di accogliere le più sottili vibrazioni della nostra sensibilità e i più mirabili sembianti dei nostri sogni. Quella dura materia ora vive e parla. Con le mie sculture, ho anch'io cercato di trasformare la materia in vita. Col mio lavoro io vorrei, fin dove è possibile, risvegliare l'HOMO FABER dal suo ormai troppo lungo letargo.
(Fernando Izzi)